Artecinema si veste di rosa

19 ottobre 2017

Non è autunno, se non è Artecinema. Edizione numero ventidue per la rassegna curata da Laura Trisorio, con ricca collaborazione di partner istituzionali e sponsor privati. Del resto, sostenere tre giorni di proiezioni non stop (dalle 16 alle 24) di film e documentari sull’arte è uno sforzo notevole, anche per il pubblico. Che cresce costantemente, andando ben oltre i soliti addetti ai lavori: dagli studenti delle scuole medie e superiori ai detenuti del carcere di Secondigliano e deIl’Istituto Penale Minorile di Nisida.
Com’è ormai tradizione, sarà il Teatro San Carlo ad ospitare stasera alle 20 la serata inaugurale (prenotazione obbligatoria al costo di 10 euro): apre Francesco Arena che, seguito dall’occhio del regista Domenico Palma, fa viaggiare un masso di granito rosa tra Milano, la Gallura e Capri; mezz’ora dopo, David Pujol ripercorre i forti legami fra Salvador Dalì, la sua terra e la sua famiglia. (altro…)

George Lilanga

27 gennaio 2006

Napoli, Franco Riccardo Arti Visive

Nel continente nero… alle falde del Vesuvio. È un inno alla vitalità quello di Lilanga che, per amore della sua terra, ne sfidò i pregiudizi. In mezzo alla colorata confusione degli smalti, anche il mal d’Africa…

Traditore. Stregone e seguace dello stregone. Tutto questo è, o meglio era, George Lilanga (Masasi, 1934 – Dar Es Salaam, 2004), che osò offendere col colore la serietà dell’ebano e oltraggiare la scultura trasformandola in pittura. Che violò un tabù, sottraendo la creazione d’immagini all’appannaggio magico-sapienziale della trasmissione ereditaria (di qui la metafora dell’artista-stregone) ed inserendola in un sistema imprenditoriale. Vale a dire, in un circuito di diffusione e di consumo. Desacralizzata tra le pareti di uno studio che, all’apice del successo faticosamente guadagnato, sfornò centinaia di pezzi, la produzione di Lilanga iniziò così a parlare al mondo della Tanzania e della tradizione makonde. Non fu facile, ma alla fine, dopo l’ostracismo e l’anatema dei suoi, tanta “tracotanza” venne perdonata, e perfino premiata. Grazie a lui, pure l’Occidente dovette accorgersi che il Continente Nero era, in realtà, colorato, anzi coloratissimo -lontano da quel primitivismo che pure, all’inizio del Novecento, aveva calamitato le Avanguardie assetate di novità, con Pablo Picasso in testa- , e che anche in una realtà in via di sviluppo un artista poteva farsi businessman e manager di se stesso. (altro…)

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