Sandro Botticelli

15 febbraio 2011

Milano, Museo Poldi Pezzoli

“Persona amabile e faceta” secondo Vasari. Capo di un’attivissima bottega e, infine, testimone anacronistico di un irripetibile splendore. In un pugno di opere, la parabola di Sandro Botticelli…

È, al solito, un allestimento elegante e accogliente quello che il Poldi Pezzoli ha cesellato per Sandro Botticelli (Firenze, 1445-1510). A 500 anni dalla morte del grande pittore, l’omaggio gli viene tributato non dalla natia Toscana, ma dalla Lombardia, attraverso una “riunione” delle sue opere disseminate per la regione, dall’Accademia Carrara di Bergamo alla Biblioteca Ambrosiana e, naturalmente, la casa-museo di via Manzoni (doverosa la visita dell’intero percorso, ghiotto il “link” a prezzo di favore con l’Ambrosiana, dov’è conservata la Madonna del Padiglione).

Pochi pezzi e buoni apparati didattici fanno emergere le due anime di un Botticelli popolano e sofisticato, figlio di un artigiano ma eruditissimo autore di dipinti dalla fitta trama simbolico-filosofica (riconducibile soprattutto all’Accademia neoplatonica di Marsilio Ficino), pietre miliari di quella che nel Quattrocento era “l’Atene d’Italia”. E dei prestigiosi legami con il milieu culturale fiorentino dà subito conto il ritratto di Giuliano de’ Medici, probabilmente ricavato dalla maschera funebre del fratello del Magnifico, ucciso nel 1478 nella congiura de’ Pazzi. (altro…)

Franko B.

26 ottobre 2010

Milano, Pac

Il tempo delle effusioni cruente è finito. Un percorso “sintetico, non antologico” che potrebbe preannunciare una svolta. Ma per ora l’opera è ancora al nero…

“Spegnete i cellulari”: la preghiera accoglie i pochi fortunati che alle 19 in punto varcano l’ingresso del Pac. Eppure suonerie d’ogni tipo, mescolate al clic di macchine fotografiche e smartphone, continueranno a turbare il religioso silenzio della performance di Franko

B. (Milano, 1960; vive a Londra). Anzi, della doppia performance, visto il prologo fuori programma dell’assessore Massimiliano Finazzer Flory, che appare con volto e mani dipinti di nero a leggere un passaggio de Il corpo, luogo di utopia (e di insondabili “altrove”) di Michael Foucault.

Ieraticamente presente, invece, il corpo dell’artista, nudo e total black, seduto di spalle agli spettatori. Tutti col fiato sospeso. Finché il corpo dell’artista si alza e, lentamente, attraversa la sala accarezzando gli animali tassidermizzati, ricoperti con colate di acrilico dense come pece; raggiunge un orso impagliato e lo porta -quasi danzando – dall’altro capo della “manica lunga” del padiglione; ripete il percorso all’inverso trascinando uno scaffale, poi sparisce. Un attimo di disorientamento, l’accensione delle luci, l’applauso. Alquanto tiepido. Qualcuno, addirittura, scuote la testa. (altro…)

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