Eroi eroine

12 luglio 2010

Rivalta (to), Castello

Segni che non lasciano traccia. Nella società delle icone-fast food e degli eroi per un giorno, l’arte prova a fare il punto della situazione. Chiedendosi se esista ancora il potere dell’immagine…

Quando un progetto è in rodaggio, la prudenza non è mai troppa. Accade così che a Rivalta si ripeta l’impostazione con la quale, lo scorso autunno, l’articolato castello locale entrava nella partita culturale della cinta torinese. Collettiva bis, e trait d’union col passato la “riconvocata” Maura Banfo, che si sdoppia facendo da madrina all’apertura delle scuderie col video-pendant di una serie fotografica, in cui un vecchio libro di fiabe sfogliato da mani rugose pare invitare lo spettatore a varcare lo specchio, come Alice nel Paese delle Meraviglie.

Perché le proposte sono tante, se non per quantità per varietà, in una mostra avvolta intorno a un enunciato complesso, ma a rischio dispersione nella sua traduzione espositiva. Una riflessione sulla bulimia di immagini, che oggi assurgono facilmente a simulacro e altrettanto in fretta, dopo uno sfruttamento intensivo, si sgretolano, fino -per dirla con Baudrillard – alla “sparizione dell’arte”.

Ed è proprio al punto di svolta del XX secolo secondo il teorico francese – la Pop Art – che afferisce uno dei filoni del percorso. Pop è Mary Sue, che bamboleggia equivoca con un enorme bon-bon, ironizzando sui cliché femminili. Pop è il lightbox di Hung Tung-Lu, opportunamente collocato sull’altare della piccola cappella, dove Sailor Moon si staglia contro una pala gotica. Pop è Roxy In The Box, che ridipinge statue devozionali con i panni dei supereroi dei comics non per contraffazione blasfema, bensì per glorificarne e attualizzarne i Pow!-ers. Dissacrante è invece Diego Scroppo, cui basta rovesciare l’insegna di una farmacia per capovolgere contemporaneamente simbolo e senso. (altro…)

Fuoco

1 luglio 2010

Milano, Palazzo Reale

Da quella pira, fuoco incrociato. Un incontro tra arte classica e contemporanea in cui l’arrosto c’è, e saporito. Ma purtroppo si leva più d’un fil di fumo..

Il fuoco ha un’anima? Elementare il quesito che apre la seconda tappa del ciclo espositivo dedicato ai Quattro Elementi, partito nel 2009 con L’anima dell’acqua. La risposta è, più che affermativa, enfatica: il fuoco ha molte anime. E la mostra, replicando il format dello scorso anno, tenta di sviscerarle tutte, non sempre però in modo equilibrato. Più convincente, per capacità esemplificativa e accostamenti, la prima parte del percorso: ampia e studiata la sezione mitologica, che mescola terrecotte e tele moderne (notevoli i Previati), manufatti in opus sectile e video. Tra le fiamme si forgiano i culti egizi e della Grecia arcaica, finché sull’Olimpo spuntano sfolgoranti Fetonte, Apollo e Zeus, l’Aurora “dalle dita di rosa”, Semele incenerita, la protettrice del focolare domestico Hestia/Vesta, contrapposta a Efesto e ai suoi fabbri, curvi sulle incudini in quelle viscere della Terra dalle quali risale la lava (star il Vesuvio, visto da Jacques Antoine Volaire e, due secoli dopo, da Andy Warhol). (altro…)

Davide Le Grazie

28 giugno 2010

Torino, Marena Rooms

Ampi spazi e campiture piatte sullo sfondo. Decorativismo e iperrealismo in primo piano. Ecco i primi due “livelli” di una mostra che mixa iconografia antica e codici visivi contemporanei…

Domandina oziosa: potrebbe Davide Le Grazie (Torino, 1972) scalare l’Olimpo dei “giovani” aureolati, quelli che mietono premi e mostre in fondazioni potenti, e magari s’arrampicano su su fino a qualche bi-triennale? Di primo acchito – e nonostante un paio di buoni piazzamenti in curriculum – la risposta sarebbe un sonoro: no. E non tanto per oggettive ragioni anagrafiche, quanto perché la sua pittura è troppo “pittura”, troppo devota alla perfezione della resa. Calligrafia snobbata dai palati trendy. Per giunta, l’artista non ha avuto la prontezza di indossare la casacca del Pop Surrealism o del Low Brow, altrimenti sarebbe stato promosso in una categoria più up-to-date di quella dei “nuovi pittori della realtà” (ma perché bisogna per forza dare del “nuovo” anche all’intramontabile?), così acrimoniosamente bypassati dalla critica di sistema. Ad ogni modo, l’interrogativo resta comodamente a disposizione del pubblico, tale e quale ai Layers-livelli proposti da questa personale che, nella Torino austeramente minimal-poveristaconcettual-sandrettiana, stupisce alquanto col suo carnevale di colori accesi. (altro…)

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