Quanto costa l’efficienza

26 marzo 2015
Danilo Correale_ The missing hour_ 2015_ Veduta dell'installazione. Courtesy Raucci/Santamaria

Danilo Correale_ The missing hour_ 2015_ Veduta dell’installazione. Courtesy Raucci/Santamaria

Chissà cosa risponderebbero oggi Seneca e Sant’Agostino agli eterni quesiti sul tempo: che cos’è? È molto, è poco, è troppo? Sicuramente il tempo non è mai abbastanza per il capitalismo, che lo sottopone ad uno sfruttamento così intensivo da colonizzarlo non solo nei momenti di svago, ma anche durante il sonno. È questa progressiva erosione il cuore di “The missing hour”, personale di Danilo Correale fino al 3 aprile da Raucci/Santamaria. Per la sua terza mostra in corso Amedeo di Savoia (curata da Matteo Lucchetti), l’artista napoletano ha riflettuto fin dagli inizi del 2013 sui mutamenti che i ritmi di lavoro apportano alle nostre vite, sforzandosi di tradurne visivamente gli algoritmi e le reazioni fisiche, in opere però non sempre autografe. Come “Tomorrow, tomorrow, tomorrow”, ventisei dipinti subappaltati ad esecutori cinesi, in cui una candela brilla in modo inversamente proporzionale rispetto allo sfondo: «L’arte non è estranea all’economia del modello neoliberale, la pratica di “outsourcing” è utilizzata a 360° in tutti gli ambiti del commercio. – dice Correale – L’idea mi interessava come rapporto simbolico con il mercato globalizzato, per questo ho inviato la produzione a 12 ore di fuso orario dal mio luogo di residenza [New York, ndr], generando un discorso potenzialmente critico per addizione». Polemico verso un sistema fin troppo efficiente è pure “Mr. Bojangles…may also enjoy”: 52 foto di volumi comprati per un anno sotto falso nome su Amazon, poi rispediti al mittente privi di una pagina, ricomposta in un nuova rilegatura. Tra i consigli per gli acquisti dati dal sito al fantomatico mr Bojangles ce n’è stato qualcuno adatto al vero Correale? «Probabilmente il più vicino alla mia sensibilità è stato un testo di critica al Capitale di Marx; il più lontano… uno spartito musicale per orchestra di Adorno… o un libro di judo?». Se questo tentativo di mandare in tilt un colosso della Rete tramite sistematiche restituzioni ha richiesto metodo e tempo, altrettanto impegno ha imposto “NoMoreSleepNoMore”, che, partendo dal rumore bianco, ha coinvolto alcuni esperti in una serie di conversazioni sul sonno, poi sintetizzate in un video di 80 minuti e in una progressione di fluidi colorati. Ma quanto è rimasto sveglio l’artista per realizzare il progetto? «Non più di tanto: fortunatamente preferisco dormire e generalmente lavorare con lentezza. Però il mese dedicato alle riprese del video è stato abbastanza spiazzante: interrompere il normale ritmo del riposo, alzandomi intorno alle 2 o alle 3 del mattino per andare in studio (poco più di trenta minuti di metropolitana), creare quei fenomeni organici e poi riprenderli in slowmotion, in una sorta di jet lag perpetuo, mi ha fatto scoprire qualcosa del rapporto tra la volontà e i limiti: è una continua negoziazione, o ci si pacifica o si combatte, e generalmente la seconda opzione non porta a nulla di buono. Ma l’insonnia apre anche una finestra sulla notte, verso tutte quelle attività che ci permettono al risveglio l’illusione di ritrovare il mondo esattamente come lo abbiamo lasciato». È possibile fare una sintesi di questa esperienza? «Probabilmente tre sintesi: la prima è che, per quanto proviamo ad essere più efficienti, performativi e pronti, ne pagheremo il prezzo. Il problema è capire se ne vale la pena. La seconda è che il sonno rappresenta forse l’unico spazio e territorio per riappropriarci di diritti che rischiano di diventare dei privilegi (laddove non lo siano già). La terza, che forse la notte ha molto più da raccontare rispetto al giorno».

(Articolo pubblicato sul Roma, 26 marzo 2015)

Danilo Correale_ The missing hour: Rhythms and Algorithms_ Napoli, Raucci/Santamaria
(13 febbraio – 3 aprile 2015)

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