Zoom sull’identità indigena

5 febbraio 2015
Paloma Polo_ A fleeting moment of dissidence becomes fossilised and lifeless after the moment has passed_ 2014_ 40 stampe fotografiche_ cm 20x30_ Courtesy Galleria Umberto Di Marino, Napoli, Italy

Paloma Polo_ A fleeting moment of dissidence becomes fossilised and lifeless after the moment has passed_ 2014_ 40 stampe fotografiche_ cm 20x30_ Courtesy Galleria Umberto Di Marino, Napoli, Italy

Insoddisfazione, ribellione, irrequietezza. Questa la condizione di “Unrest” analizzata da Paloma Polo, fino all’11 febbraio da Umberto Di Marino. Curata da Nicoletta Daldanise, la personale svela il volto sporco della globalizzazione, additandone il fallimento. Lo scenario in cui tale consapevolezza si manifesta sono le Filippine, dove lo sfruttamento ha colpito duramente, a suon di espropriazioni e deforestazione, le aree a statuto economico speciale; zone che, dissoltosi il miraggio dello sviluppo, fanno i conti con la distruzione dell’identità indigena e con un’aggressione ambientale irreversibile. Ed è con una delle comunità locali più vessate, quella Agta, che Polo ha iniziato a lavorare nel 2013, partendo da un patrimonio in via di estinzione: la medicina “popolare”. L’artista spagnola ha infatti perlustrato la penisola di San Ildefonso assieme all’anziana guaritrice Naty Merindo, raccogliendo e classificando più di ottanta piante medicinali diverse. Un catalogo immortalato nelle foto esposte in via Alabardieri, dove si viene accolti dalla scritta “Non farmi fare promesse a vuoto o comunque neanche quelle non a vuoto”, disillusa esortazione alla resilienza composta con erbe mescolate in tre “filtri d’amore”, portatori di pace e benessere all’interno della tribù. E sono ancora gli abitanti di Casiguran, con la verità dei loro volti, protagonisti del video nel quale la narrazione si sovrappone alle immagini delle infrastrutture in rovina e del paesaggio devastato, ripresi da un drone. “The event” è stato girato durante una conferenza organizzata da Polo a Manila nel giugno scorso, durante la quale è emerso il gap tra esperti ed attivisti: «Il pubblico – spiega la curatrice – stava ascoltando gli interventi dei relatori, ma l’artista ha selezionato i momenti in cui la tensione critica si rifletteva nelle sue espressioni, per sottolineare quanto la prospettiva e il linguaggio utilizzato anche in ambito accademico debbano essere ripensati». Ma come si concilia un progetto sociale e partecipativo con un mondo, quello dell’arte, spesso elitario? Non c’è contraddizione? «Purtroppo talvolta il “sistema” soffre questa condizione di esclusività, – replica Daldanise – tuttavia negli ultimi anni abbiamo assistito ad una crescita esponenziale di nuove forme di arte pubblica e relazionale. A volte è difficile gestire il rapporto tra questi progetti e il mercato, infatti vengono attivati anche altri canali di finanziamento. Trovo, però, che se si ha la fortuna di collaborare con gallerie sensibili a queste tematiche sia giusto contaminare questi contesti». Tra il capitalismo “buono” e quello “cattivo”, l’arte indica dunque una strada: disseminata di cocci del sogno infranto, forse poco agevole, ma diretta verso nuovi (e migliori) orizzonti.

(Articolo pubblicato sul Roma, 5 febbraio 2015)

Paloma Polo_Unrest_ a cura di Nicoletta Daldanise_ Napoli, Galleria Umberto Di Marino
(11 dicembre 2014 – 11 febbraio 2015)

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