Artisti e design al Museo Filangieri

6 dicembre 2014
Domenico Antono Mancini_ Untitled_ 2014_ lampada da terra in resina

Domenico Antono Mancini_ Untitled_ 2014_ lampada da terra in resina

Propheta in patria? Si vedrà. Per il momento, e visto che «il dono della profezia non fa parte del corredo professionale», dopo un anno come curatore presso l’Indipendente Study Program del Whitney museum di New York, Maria Teresa Annarumma ricomincia dal punto di partenza, cioè Napoli. Firmando il progetto “Surface”, che dal 5 dicembre al 3 gennaio riunirà negli ambienti del Museo Filangieri i “prodotti” di cinque fra artisti e designer –Francesco Dell’Aglio dello studio AaidoMa, Domenico Antonio Mancini, Vincenzo Rusciano, Pasquale Annarumma e Chiara Scarpitti –, producer Antonio Picardi e “sponsor tecnico” Falanga Superfici.
Quale filo cuce questa mostra arts&crafts?
«Il filo è quello formale dell’uso della resina e quello concettuale del “bello domestico”. Senza ambire ad essere esaustivi, abbiamo cercato di coniugare con voci differenti un principio fondamentale: il privato ha confini molto più malleabili di quanto ci si immagina ed il design e l’arte, anche se vissuti fra le proprie mura, sono, e devono essere, sempre interlocutori con il pubblico».
L’allestimento seguirà un criterio “mimetico”?
«Più che mimetico, dialogante: il museo Filangieri ha una collezione internazionale e di gusto piuttosto eccentrico, quindi è stata immaginata un’installazione capace di cercare spazi di confronto all’interno del percorso espositivo».
Mescolare arte, design e pezzi antichi: azzardo, sfida, ordinaria amministrazione?
«Musei internazionali hanno nelle loro collezioni pezzi di design, e spesso mostre contemporanee o moderne presentano design insieme ad opere d’arte, ma non parlerei di ordinaria amministrazione. Dal Bauhaus ad oggi, il design ha avuto un’importante influenza culturale ed è stato motore dell’evoluzione diffusa del gusto, ma una scelta del genere deve avere sempre una giustificazione: nel nostro caso, esponendo lavori in resina, non era immaginabile escludere il design o l’arte. La resina ha avuto grande impatto sull’evoluzione formale di entrambi e ci è sembrato opportuno cercare di mostrarlo».
La bellezza salverà il mondo. Ma chi o cosa salverà il Museo Filangieri?
«Alla fine dell’Ottocento furono i cittadini a difenderlo dalla sua demolizione. Pur sottolineando il dovere politico e sociale che i governi hanno nei confronti del nostro patrimonio, oggi sono ancora i napoletani ed associazioni come “Salviamo il Museo Filangieri” a proteggerlo. Vale per questo museo, come per qualsiasi altra istituzione culturale».

(Articolo pubblicato sul Roma, 5 dicembre 2014)

Surface_a cura di Maria Teresa Annarumma_ Napoli, Museo Filangieri
(5 dicembre 2014- 3 gennaio 2015)

 

ortwein@mailxu.com