Disegnate l’altissimo poeta

16 giugno 2011

… Oppure dipingetelo, scolpitelo, “installatelo”, filmatelo… Insomma, Dante è Dante e, dopo  sette secoli, il suo poema è ancora una fonte d’ispirazione per gli artisti. A Napoli, ad esempio, lo “leggono” così…

 

Afterall_Sisma aureo_installazione ambientale_2011_fusaggine. Courtesy degli artisti

 

A scuola tutti lo odiano. Come qualsiasi cosa che vada fatta per forza. Perché mai sudare su terzine che non sono scritte in italiano? (è l’interrogativo più frequente, prima di capire che quello è italiano)

Poi arriva Benigni e riempie le piazze, lo recita in tv e fa il boom di ascolti.

Ma allora Dante ci piace o no?

Probabilmente in fondo al nostro dna patrio – o quello che c’è rimasto – abbiamo ancora un disperato bisogno di lui, una delle poche glorie nazionali non infangate da revisionismi, scandali e tangenti, uno dei prodotti nostrani più onorevolmente spendibili all’estero oltre alla pasta e alle scarpe griffate.

Insomma la scusa del professore di lettere che vi traumatizzava non regge: che vi piaccia o no, questo signore ha scritto un capolavoro.

Dante l’altissimo poeta, Dante il padre della lingua italiana, Dante l’artista contemporaneo. Artista contemporaneo? Oibò, questa è grossa, però riflettiamoci un momento. Contemporaneo (al suo tempo) sicuramente lo è: il catalogo di amici, nemici e conoscenti snocciolato nella Commedia basta e avanza; contemporaneo perché tra le sue fonti guarda anche all’Islam e questo è un bell’esempio di multiculturalità; contemporaneo perché come si fa, oggi, a non condividere l’amara attualità dell’invettiva di Sordello da Goito? [1]

 

 

Comunque, bando all’azzardo (sul quale si potrebbe lavorare ancora un bel po’), Dante è indubbiamente un artista, e non tanto per l’invenzione dei tre regni ultraterreni (anche perché non se li è di certo inventati lui), ma perché ha dovuto creare una lingua, e ci ha lavorato sopra come un tecnico del suono, dalle “rime aspre e chiocce” al rompicapo paradisiaco, ovvero come-trovare-le-parole-giuste-per-esprimere-l’ineffabile, il trascendente, il mistero divino, il “trasumanar”. E chi oserebbe dire che certe sue rappresentazioni non siano “pittoriche”? Dal grande affresco al bozzetto, dosando e miscelando abilmente tinte e gradazioni, il Nostro fa con i suoi versi quel che faceva coi pennelli il suo (probabilmente) amico Giotto [2].

Terreno fertilissimo, dunque, per artisti di ogni tempo: Botticelli, Signorelli, Michelangelo, Doré. Un successo proseguito nel Novecento, con Dalì, Rauschenberg (in mostra alla Fondazione Pomodoro di Milano fino al 17 luglio ), Miquel Barcelò, Joan Jonas, Olafur Eliasson, Tomas Saraceno, Ai Weiwei…

Adesso fra i cento canti del ghibellin [3]  fuggiasco si addentra anche Napoli, città virgiliana e da tempo in cerca di una “diritta via” smarritasi anche nell’arte, dopo anni di illusorio fermento.

E allora nel “Paradiso abitato dai diavoli”, dove spesso si invocano le anime del Purgatorio, la mostra Divina Commediaavrebbe detto un altro genio di queste lande che all’Inferno, seppur di celluloide, c’è stato – fa d’uopo.

 

 

Strutturata in base allo schema delle tre cantiche (ma decisamente sbilanciata verso l’Inferno), la collettiva propone diverse interpretazioni del testo dantesco, dalla più letterale alla più simbolica, più o meno esplicite e calzanti, con diversi linguaggi e tecniche. Corrado La Mattina, ad esempio, trasforma la barca di Caronte in una carcassa spiaggiata a Lampedusa; Aria Secca blocca la sua processione di sculture in una condizione limbica; Ernesto Tatafiore sprofonda nel Cocito Robespierre, Danton, Masaniello; Maria Giovanna Ambrosone manda in Purgatorio le terroriste cecene; in Paradiso, per Salvatore Mauro Maria è anche la Callas, mentre Virginia Ryan piega verso la denuncia sociopolitica, mettendo l’accento… sulla M, quella di un’auto blindata all’Ambasciata italiana in Costa d’Avorio il 16 dicembre 2010, primo giorno di violenza urbana dopo le contestate elezioni presidenziali. Nell’empireo, le forme si fanno più rarefatte e i concetti più ermetici, come nel Sisma Aureo degli afterall, etereo e frammentario intreccio di linee di fusaggine, tracciate lavorando per sottrazione in base alla successione di Fibonacci, alla disposizione geometrica dei quadrati e alla geometria della spirale logaritmica: terremoti sotterranei, in cui – spiegano gli artisti – “uomo e terra si dilatano attraverso una materia carbonizzata, messa all’opera per preparare proplasmi di idee”.

 

 

Divina Commedia_ a cura di Mariano Ipri, Giuseppe Ruffo, Pietro Tatafiore_Napoli, Pan

(16 giugno-17 luglio 2011)

Inaugurazione 16 luglio ore 18

 

[1] Ahi serva Italia, di dolore ostello,/nave sanza nocchiere in gran tempesta,/non donna di province, ma bordello! (Dante, Purgatorio, VI, 76-78)

[2] A questo proposito si ricorda la celebre terzina: “Credette Cimabue ne la pittura/ tener lo campo, ed ora ha Giotto il grido/ sì che la fama di colui è scura” (Dante, Purgatorio, XI, 94-96)

[3] In realtà Dante era guelfo, ma Foscolo scrisse così, che ci volete fare…

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