Piccoli capolavori di carta stupiscono

20 febbraio 2009

“Papermade” da Annarumma 404

Giovani talenti, sulla carta. Parte con una collettiva l’annata 2009 di Annarumma 404, ormai sempre più diviso tra la sede partenopea di via Santa Brigida 76 e quella milanese di via Casati. Filo conduttore di “Papermade” un materiale che, nell’era della tecnologia digitale, sembra destinato all’estinzione: lavori di carta e su carta, realizzati da quattro personalità eterogenee per estrazione e linguaggio. “Anziano” del gruppo, con i suoi 36 anni, l’olandese Jasper De Beijer che, come uno scenografo cinematografico in scala ridotta, costruisce modellini di città e li mette in posa davanti all’obiettivo, senza curarsi delle eventuali imperfezioni del taglio: appena qualche righino bianco sui contorni tradisce l’illusionismo del suo “The visited kingdom”, diorama in cartoncino di una fosca periferia urbana con ciminiere fumanti, come una suburra vittoriana soffocata dalla rivoluzione industriale. Pare ammiccare invece a un mix di Avanguardie storiche la scozzese Katie Orton: collage e una sculturina incollati pensando un po’ al Cubismo, un po’ al Surrealismo, in graziosi teatrini del quotidiano. Altra presenza femminile, la svedese Nadine Byrne, che a 24 anni non teme di mostrare un bel caratterino, seppur ingentilito dalla gradevole estetica. Aguzze le geometrie, pungente l’ironia: nei suoi lavori triangoli coloratissimi e pezzetti di carte geografiche incorniciano figurine dissacranti, esplicite come la sfacciata “Ass-girl” in microgonna, che si porta addosso contemporaneamente croce e stella di David, o più sottili come l’“Eye-hair”, dove quell’occhio in mezzo alla folta capigliatura ricorda sospettosamente l’iconografia del Creatore. Star di casa è Matteo Fato, già affermato tra gli addetti ai lavori per i suoi grandi disegni a china ispirati alla pittura e alla calligrafia cinese. Una ricerca avviata nel 2005, tesa a conferire lo stesso valore alla scrittura e al segno iconico. Anche i soggetti appaiono “filosoficamente” molto orientali: la “Roccia” e la “Nuvola”, forme chiuse e al contempo ariose, leggere, spessori contrapposti in un bilico rappresentativo tra il vuoto e il pieno. Lavori che guardano alla Natura senza eccessivo coinvolgimento, nati però da un rapporto “fisico” con la Terra, eseguiti in orizzontale senza alcuna possibilità di ripensamento, e sviluppati su più fogli per lasciare aperta una possibilità di espansione. E che, stendendo inchiostro cinese su carta tedesca, allargano anche l’orizzonte culturale.

(Roma, 20 febbraio 2009)

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