Tim Crouch, i trapianti dolorosi

14 giugno 2008

Napoli Teatro Festival Italia, successo per “England”

Trapianti dolorosi, profondamente assimilati. Tra proposte più seguite del Napoli Teatro Festival Italia spicca “England” che, dato il numero limitato dei posti a disposizione, pare stia scatenando una vera caccia all’invito nelle gallerie coinvolte nella sua rappresentazione. L’atto unico di Tim Crouch – tradotto da Luca Scarlini e interpretato dai bravissimi Paolo Coletta e Mercedes Martini, per la regia di Carlo Cerciello – tocca infatti i luoghi cittadini del contemporaneo: dopo il debutto al Madre, ha fatto registrare il tutto esaurito alla galleria Dina Carola, allo Studio Trisorio, da Franco Riccardo e da Alfonso Artiaco. Un testo inizialmente disturbante, ma che lentamente scioglie i suoi nodi e, in un crescendo di tensioni e rivelazioni, diventa travolgente. Così i temi, un po’ scontati, della dissociazione dell’io, della solitudine di coppia, della malattia come condizione spirituale più che fisica (un tedium vitae capriccio squisitamente borghese) arrivano tragicamente al fatto, ricostruito attraverso dialoghi sempre più serrati che smascherano il cinismo dei nostri tempi, buonisti e politicamente corretti, ma ferocemente attaccati al “mors tua vita mea”. Un’ipocrisia espressa dalla mimica e dal linguaggio abbondante di perifrasi ed eufemismi, come quel “regalo” destinato alla vedova (forse non del tutto innocente) di Assam, giovane musulmano di belle speranze, il cui cuore batte, dopo un misterioso incidente, nel tormentato petto della wasp britannica. Che vuol compensare un dono tanto prezioso con un altro di adeguato valore: una quotatissima opera d’arte, pezzo pregiato di un sistema economico più che creativo, evocato di frequente tramite nomi del mainstream (come Hirst) e musei come la Tate Modern. Meno organico, forse, il “trapianto” della pièce nello spazio espositivo, limitato ad una relazione che non si spinge oltre la mera citazione contestuale.

(Roma, 14 giugno 2008)

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