Relitti di un passato che risorge

15 ottobre 2014
Vincenzo Rusciano_ Brani_ 2014_ terracotta, legno, vernice_ cm 170x48x48. Ph. Danilo Donzelli

Vincenzo Rusciano_ Brani_ 2014_ terracotta, legno, vernice_ cm 170x48x48. Ph. Danilo Donzelli

Sull’acropoli di Neapolis si combatte, a fasi alterne, una lotta: quella contro il degrado. Il fato e gli uomini si sono accaniti anche su Sant’Aniello a Caponapoli dove, dopo bombardamenti, terremoti, furti e quasi sessant’anni di restauri, approda la zattera di Vincenzo Rusciano, scultore partenopeo che ama “accentare” la materia con colori decisi. Come l’arancione-emergenza del galleggiante dove si ammassano spoglie scampate al naufragio, emblemi dei frammenti ricomposti durante la lunga resurrezione di un edificio assai stratificato. “Sponda” è dunque il titolo di un progetto – curato da Angela Tecce e Alberto Zanchetta in collaborazione con la Galleria Annarumma– che, nel salutare l’ultimo paziente curato (l’altare maggiore di Girolamo Santacroce), secondo l’intento del promotore Giuseppe Giordano affida al contemporaneo la memoria del passato e il compito, per così dire, di risarcirne i danni.
Alla sua prima personale in una chiesa, Rusciano ha investito dieci mesi in opere site specific confrontandosi col “puzzle” di tracce architettoniche e decorative che va dai resti delle mura greche ai rimaneggiamenti settecenteschi. Fulcro ideale, la riunione dei pezzi dispersi: la “Sponda” carica di lacerti, parti di mosaici, bassorilievi sopravvissuti – dice l’artista – «ad un’estenuante traversata nel tempo». I “Brani”, vasi istoriati e solcati di crepe, finzione archeologica prestata a diario privato e giornale dei lavori: «Fin dall’antichità, i vasi erano oggetti su cui si poteva scrivere o narrare qualcosa. Nel mio caso, riportano alcuni significativi momenti vissuti dalla Chiesa: le pareti segnate dalle iniezioni di cemento negli anni Ottanta, l’altare maggiore circondato da impalcature. Su uno, poi, c’è un racconto più autobiografico, legato agli oggetti ed alle icone che da anni caratterizzano il mio percorso».
All’antico e al cantiere guardano anche i totem di “Passaggio”, nei quali si nascondono calchi di statue: «L’intenzione era di trasmettere un’atmosfera da laboratorio, molto comune negli ambienti del restauro: quella fase di transizione che parte dal frammento iniziale e, passaggio dopo passaggio, si pone come obiettivo la conservazione della memoria. Quella fase in cui tutto è ancora misterioso e fantastico, legata allo studio più che a forme compiute».
Sarà altrettanto fantastico il destino dei monumenti cui Sant’Aniello dovrebbe servire da monito? Cosa, secondo Rusciano, si salverà dalla rovina? «La luce che oltrepassa le finestre».

Articolo pubblicato sul Roma, 15 ottobre 2014

Vincenzo Rusciano_ Sponda_ a cura di Angela Tecce e Alberto Zanchetta_ Napoli, Chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli
(15 ottobre – 15 novembre 2014)

favero.ching@mailxu.com