Se un pupazzo sfida la griffe

14 ottobre 2017

varuna

Mostriciattoli, occhi gocciolanti, sfere e piramidi, disegni anatomici, titoli di giornali e soprattutto Tuty, “curiosa entità molecolare rossa” che, con i suoi dentoni, gli occhi tristi e gli arti filamentosi, guizza attraverso un microcosmo colorato, liquido, pazzo. Chi comprerebbe o non comprerebbe queste opere? Eppure, nel mondo dell’arte, l’imprevisto è dietro l’angolo e ritrovarsi nel purgatorio dei magazzini è un rischio che tutti corrono.
Per il terzo episodio del ciclo “Primo Mercato” allo Spazio Nea (visitabile fino al 20 ottobre), il curatore Marcello Francolini sceglie Elio Varuna, tra i nomi di punta del Lowbrow italiano. Partito da un titolo che, in una logica capitalista, equivale a un marchio d’infamia: “Unsold”, cioè “invenduto”. Negletto, o rifiutato, perfino quando il cosiddetto “prezzo di riserva”, ovvero il minimo che il venditore è disposto ad accettare in via confidenziale per l’oggetto messo all’asta, non è riuscito a sedurre alcun compratore. Sicché se una, due, tre volte un suo lavoro non viene acquistato, la carriera di un artista può risultare compromessa.
Varuna prova a variare questo meccanismo, conferendo egli stesso, a priori, un valore al proprio “prodotto”. Valore che però si rivela frutto di una rapina, poiché a rendere appetibili e prestigiosi i dipinti proposti è la calamita di un marchio già consacrato dal successo planetario: il fiore a quattro petali e il monogramma di Louis Vuitton, che l’artista personalizza sostituendovi le proprie iniziali. Un’irriverente competizione tra un colosso del lusso e un Pop a presa rapida, che opera una contraffazione ironicamente necessaria alla propria sopravvivenza e tutto sommato innocente, se si pensa ai conti truccati e gonfiati dagli squali dell’economia globale, generatori di una catastrofe strillata dai “coccodrilli” dei giornali finanziari. Crollato il mito del Vecchio Continente, ne resta almeno la mitologia, richiamata da un’incisione d’epoca in cui Europa viene trascinata via sulla groppa di Zeus trasformatosi in toro (guarda caso animale simbolo di Wall Street).
In una surrealtà talvolta meno assurda della realtà, volteggia molle e festosa Tuty: immagine originale, non brand, che sfida leggi del mercato salendo alla costellazione dell’Utopia.

(Articolo pubblicato sul Roma, 12 ottobre 2017)

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