Il tempo lento di Vera Lutter

20 ottobre 2016
Vera Lutter_ Temple of Athena, Paestum, VI_October 8-9_ 2015 Unique silver gelatin print_ Courtesy: Galleria Alfonso Artiaco, Napoli

Vera Lutter_ Temple of Athena, Paestum, VI_October 8-9, 2015_ Unique silver gelatin print_ Courtesy: Galleria Alfonso Artiaco, Napoli

Le massicce colonne restano ancorate alla terra. Il timpano superbo e le chiome degli alberi si dissolvono in un fuoco di luce. È un equilibrio di pesi e contrappesi la personale di Vera Lutter (Galleria Alfonso Artiaco, fino al 22 ottobre), che regola la gravità e il tempo secondo un altro principio di necessità: quello di una posa lenta, lunga, in gara con la naturale consunzione dei secoli. Ad ottobre dello scorso anno, la fotografa tedesca piazza all’interno degli scavi di Paestum un container: questa la vistosa camera oscura con la quale “registra” i templi di Atena e Nettuno (ironia della sorte, nello stesso sito di lì a poco sarebbe arrivato in veste di direttore un suo connazionale). Meticolosità e pazienza teutoniche, inclinazione per il grandioso, il progetto di Lutter tende a sviluppare una visione venata di suggestioni romantiche. In quali abissi precipitano le immagini al negativo? È un infinito tenebroso quello che sciaborda intorno alle gondole di Venezia, città simbolo della decadenza, o avviluppa i marmi della Magna Grecia. Edifici e oggetti sbalzano dal buio come braci roventi: se il tempo distrugge poco per volta, che senso ha – anche per chi impugna un obiettivo – “scattare”? Così la materia della realtà si disperde nella sostanza volatile di un mondo spettrale. E le rovine del passato sembrano quasi più rassicuranti dei grattacieli moderni. Paestum e New York: entrambe colonie, terre promesse per migranti venuti dal mare. Cosa le lega? Le architetture imponenti e severe, protese verso gli dei dell’Olimpo. Ma se la metropoli dalle mille luci, la città che non dorme mai, in fondo all’icona fissata da film e fumetti serba un fondo inquietante, l’antica Poseidonia si anima del caldo respiro dei secoli e torna regno del vento e delle bisce che strusciano tra le crepe, dimora di fantasmi benevoli, sospesa sotto il plenilunio. Di nuovo, in queste foto, Lutter sembra metterci proprio il vecchio: il mistero dell’incontro tra l’osservatore e l’oggetto, le meccaniche di un amour fou da coltivare, paradossalmente, come una relazione di lunga durata.

(Articolo pubblicato sul Roma, 20 ottobre 2016)

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