Ercolano

24 novembre 2008

Napoli, Mann

Gli antichi ci guardano. Da una mostra che promette e mantiene l’eccezionale, ma si lascia prendere dall’horror vacui. Tutto ebbe inizio con un accidente fra le tenebre, in pieno Secolo dei Lumi…

Stavano scavando un pozzo, e saltò fuori il Teatro. La scoperta di Ercolano fu un caso. Che scosse l’Europa. Al punto che i re di Napoli Carlo III di Borbone e sua moglie Maria Amalia, per cogliere prontamente i preziosi frutti delle campagne archeologiche avviate nel 1738, si fecero costruire una Reggia nella vicina Portici. Da allora sono passati quasi tre secoli e la città annientata dall’eruzione del 79 d.C. continua a essere -finanziamenti permettendo (ma gli annunci ufficiali della Regione assicurano l’arrivo di trenta milioni di euro) -un pozzo senza fondo, se è vero che risale allo scorso anno il ritrovamento di un viluppo di materiali organici, tra cui un pezzo di tessuto. Rarità visibile per la prima volta in un percorso interamente dedicato alla “sorella minore”, ma più raffinata e colta, della plebea Pompei, che la leggenda voleva fondata direttamente dal semidio delle dodici fatiche. Onesta e “popolare”, la mostra s’impone subito, fin dall’ingresso, per quantità. Purtroppo. Perché l’ansia di riconsegnare, dopo anni di desolazione e “mobilità”, il maestoso atrio dell’ex Palazzo degli Studi alla destinazione espositiva genera il meno auspicabile degli effetti: i l sovraffollamento. Aumentato dalla riproposizione di una modalità usata per alcuni eventi precedenti nel Salone della Meridiana: quella dei pannelli separatori che, pur utili didatticamente, anziché valorizzare sacrificano bronzi e marmi, mescolati con un impatto visivo non sempre convincente in un allestimento compatto e “cunicolare”. (altro…)

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