‘O flash mobbele è troppo bello!

14 aprile 2011

 

Questo deve aver pensato Peppe Buonanno mentre concepiva l’adunata sediziosa di Pasquetta. Mica la solita scampagnata (a proposito, fave e salame chi li porta?), bensì un happening alle falde del Taburno, con un titolo che sta a metà strada tra Munch e Duchamp: Il grande urlo.

Ma chi è l’anfitrione di questo “invito a pranzo con allucco”? Per quei pochi che non lo sapessero, Peppe Buonanno è l’inventore del BAD di Casandrino, “il peggior museo d’arte contemporanea” della galassia, nonché imprenditore al servizio dell’arte. Un esempio? Anni fa l’artista inglese Mark Hosking, per la sua personale alla Galleria Umberto Di Marino, si incaponii nella realizzazione di Shivavespa, opera in cui sul mitico scooter, attorniato di specchietti, era appesa una pentola per cuocere gli spaghetti grazie all’energia solare catturata dai retrovisori. Ebbene, la diavoleria funzionò proprio grazie a Peppe. Dopodiché è toccato a Quartapittura, Iabo, Rosaria Iazzetta, Macro, Piero Golia, Rossella Biscotti, Renato Barisani eccetera eccetera.

Tutti “fiancheggiati” dal mr. BAD dell’hinterland, che dopo un periodo di silenzio pare aver deciso di irrompere nuovamente sulla scena, inviando tramite social network una chiamata alle armi della quale vale la pena citare i passaggi più significativi: “Dopo che il casatiello[1] ti ha saziato, il vino inebriato e la pastiera[2] sublimato urla la tua gioia, il tuo dolore, la tua rabbia. Urla quello che c***o[3] vuoi, ovunque tu sia, tutti insieme alle ore 15. Se non riesci fai urlare il silenzio”.

Non c’è che dire, pure l’ossimoro, anzi l’adynaton, a riprova della natura culturale dell’operazione, confermata dai promessi “contributi sociolinguistici di Antonio D’ Agostino e di chiunque sa usare la penna” (ammesso che, dopo vino, casatiello e pastiera trovi la forza di farlo).

Tutti in campo, dunque, per questa Festa della Liberazione collettiva, un appuntamento terapeutico e dionisiaco sotto il sole e a 1066 metri di altezza, ma tutto sommato al buio. Perché è lecito aspettarsi qualsiasi cosa da uno che anni fa si rese protagonista di una performance estrema, gettandosi nella monnezza al grido di “Mi rifiuto”! Il tutto, mentre a latere proseguivano abboffata di cozze e partite di calciobalilla (ho visto cose che voi umani…)

 

(La foto a destra è di Ariel Schalit, quello a sinistra è mr. BAD)


[1] Torta rustica tipica della Pasqua partenopea, preparata con pasta di pane, pepe, strutto e tutto ciò che non si è buttato del maiale; per quanto riguarda l’ingresso e il posizionamento delle uova, dai tempi del duca d’Osuna diverse scuole di pensiero si fronteggiano a colpi di sonetti ingiuriosi e ciccioli rancidi.

[2] Leggendario dolce pasquale napoletano. La prima versione sarebbe uscita nientemeno che dalle mani della sirena Partenope. Comunque l’imperativo categorico è: pasta frolla – rigorosamente preparata con strutto, non burro -, grano, ricotta, zucchero, cedro candito, uova a volontà e acqua di fior d’arancio. Tenere lontano dalla portata dei bambini.

[3] La versione integrale presente nel testo è stata censurata dalla sottoscritta, in preda a crisi postridentina postprandiale.

 

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